ARCHIVIO GITE 2013: Pitre de l’Aigle (2529 m)

15 dicembre 2013 A furor di popolo mi hanno costretto a stendere la relazione di questa gita (pressoché sconosciuta ai più). Senza alcun limite di censura, oltre a tutto. Se non quella di non essere “scurrile” (ma quando mai mi capita di esserlo?!…).
Dunque, cominciamo dal capogita? Non c’era.
Una insolita quanto improvvisa indisposizione, l’aveva bloccato in casa, invece di venire a capeggiare la gita che lui stesso aveva proposto, subita da Commissione Gite, perché nessuno aveva avuto la fantasia di proporre qualcosa di un po’ diverso. Con le giornate così corte e la crisi, la Val d’Aosta e il cuneese sono così lontani…
Ma noi gliela perdoniamo lo stesso, al nostro Lino. Nel corso degli anni si è guadagnato tanti di quei meriti!
E poi, a prendere il comando della situazione, ci ha pensato subito il nostro Franco, che del “Club del Pitre” ne è il fondatore. Quindi eravamo tranquilli.
Eravamo chi?! Ma tutti quelli che hanno partecipato: il loro numero non è ben chiaro perché dai 7 partiti dalla casa di Lino (?!) ogni tanto si scopriva che se ne sarebbe aggiunto qualcuno.
E’ inutile che vi descriva la gita. Cammin facendo ho scoperto che molti la pensano come me. È brutta!
Un terreno non adatto allo sci. Troppi canaloni ripidi coperti di boschina che ti sbarrano di colpo il passo.
Gli unici pendii sciabili hanno i larici messi in maniera che se ne eviti due, al terzo ci sbatti dentro. Per non parlare delle stradine, con relativi muretti e dei buchi coperti dalla neve.
Panorama pressoché nullo, tranne gli ultimi cento metri.
La neve, normalmente cattiva, è solcata da una miriade di tracce che ti confondono sia in salita che in discesa.
Per fortuna che c’è Franco che oggi, grazie anche a un vistoso giacchino giallo-stradino, riusciamo sempre a individuare. E quindi, nonostante l’ambiente sovradescritto, la salita si è svolta in una atmosfera serena e distesa, proprio da prima gita della stagione (o ultima dell’anno, come preferite), direi quasi in allegria. Grazie anche a una pluriradiata Laura Bruno (per comodità ormai la chiamerò L.B.), che per quanti sforzi faccia, non finirà mai di stupirci con le sue strampalate avventure e le sue trovate estemporanee. Tipo quella di consultare la carta geografica con una enorme lente d’ingrandimento ormai completamente distrutta dalle sollecitazioni nel sacco della L.B., durante le sue tormentate discese.

Comunque, il sole c’era e il tempo bello anche. Quindi c’erano buone probabilità per me di riuscire, per una volta, a fare un Pitre senza la solita tormenta, che caratterizza tutte le gite di ripiego, com’è appunto considerata questa.
Invece no! Finiti i maledetti larici, si alza rabbioso un vento dalle caratteristiche polari che, almeno a me, che mi prefiggo l’obiettivo di andare in montagna esclusivamente per divertirmi, toglie ogni velleità. In una conca, al riparo dal vento, su un prato secco cosparso di buse di cavallo, riusciamo, con Rosalba, a ricavarci uno spazio, per aspettare quelli che continuano, imperterriti la salita su una cresta battuta da un vento che si fa esponenzialmente più feroce.
Con mio profondo disappunto arrivano praticamente in punta quasi tutti. E per di più con gli sci. (salvo poi toglierseli per la discesa almeno nei primi metri) L.B. esagera, e gli sci, in discesa, li tiene sul sacco un po’ troppo. Finché una raffica, più forte delle altre, non rischia di trasformarla in un deltaplano. La prima metà della discesa si svolge alla continua ricerca della superficie di neve trascurata dai nostri predecessori. Salvo finire, ogni tanto, nella crosta più insidiosa.
La seconda metà, solo più all’insegna del “si salvi chi può”. Rinunciando a ogni dignità ci abbandoniamo alle “gouche” più vergognose. Per pudore, mi allontano dai miei amici e così li perdo di vista.
È durante questa solitaria e disperata ricerca di perdere velocemente quota per raggiungere più in fretta possibile la macchina, che ritrovo il sottile piacere che provavo da “piccolo” (si fa per dire) di mettermi nei pasticci e di tirarmi fuori da solo: anche se qui c’è solo qualche larice da evitare, qualche canale da superare, un po’ di fossi e qualche spinoso arbusto. E così mi diverto anch’io come i miei amici, che arrivano anche loro tutti soddisfatti alle macchine.
Davanti a un bel panettone che Rosalba aveva salvato dall’assalto di qualcuno, all’ultima festa della GEAT.
Del resto si sa: com’è scritto sulla nostra tessera del Cai “…la lotta con l’Alpe è utile come il lavoro, nobile come un’arte e bella come una fede” o qualcosa del genere…

Alberto Marchionni

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© Foto di Luciano Alemanno

 

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