ARCHIVIO GITE 2015: Cima delle Liste

25 gennaio 2015: «La GEAT va morendo?» E chi lo dice? Qualcuno, forse, nelle “alte sfere”, così ho sentito mormorare. E come si spiega allora che oggi, solo con questa gita, abbiamo acquisito 3 (tre) nuovi soci assieme a un probabile “commissario” gite? E poi, Maurizio Bortott, che avrebbe dovuto essere il Direttore Gita, si è sacrificato, per partecipare nientepopodimenochè a un corso per ASE (qualsiasi modifica alla vocale finale è tassativamente proibita). Non mi faccio sicuramente scappare l’occasione di sostituirlo io, per recuperare almeno in parte il prezzo del biglietto da Bordighera, con i 3 euro dell’iscrizione risparmiati (ovvio che poi mi danno del “taccagno”). Per castigo, Franco mi rifila una radio (scarica). In 13 o 14 (non so bene) partiamo dalle macchine distribuite lungo il chilometro di strada che precede il parcheggio che avrebbe dovuto ospitarci, “off-limits” per gli scialpinisti. Secondo me gli abitanti di questi ultimi avamposti urbanizzati, dovrebbero accoglierci a braccia aperte se non vogliono invece essere destinati a un inesorabile oblio, trattandoci come Visigoti. La gita di oggi è “corposa”, 1200 metri di dislivello ed è stata scelta proprio per diradare l’alone di quel vecchiume che ci trasciniamo dietro (pensate cosa saranno le prossime!). Nel bosco, che costituisce la prima metà della gita, il gruppo si sgrana subito al ritmo che mi sono imposto per salutare definitivamente i miei 72 anni (il prossimo mese ne compio 73) e poi, chi se ne frega: se vuole, Franco mi può fermare per radio… Fortunatamente il tempo questa volta è bellissimo e dall’alto, fuori dal bosco, tengo perfettamente la situazione sotto controllo. Maurizio Bortott, che è venuto ieri in avanscoperta (e poi dicono che non siamo uniti e organizzati), ci ha tracciato una bellissima pista che io mi diverto ogni tanto a raddrizzare, con somma gioia di Luca (ormai definito “lo spilungone”) che mi “ciuccia” le code. Sopra il bosco, i pendii, anche se un po’ già “arati”, ci fanno pregustare una discesa da leccarsi i baffi. Purtroppo questa gita ha una caratteristica: quando pensi di essere quasi in punta, perché te la vedi appena lì sopra, ti accorgi che questa, invece, è un po’ più in là. Ogni tanto per radio ci chiamano i “ciaspolari” che hanno scelto anche loro una gita da queste parti, dove la neve pare sia stata particolarmente generosa. Gli ultimi metri sotto la punta, chissà perché, sono sempre i più antipatici, probabilmente a causa di quelli che vedi già tranquillamente a banchettare, che ti lanciano sguardi divertiti.

E poi la neve qui alla fine è anche un po’ dura: se non fosse perché rimettere i Dinafit per me è sempre un terno al Lotto, sarei un po’ più tranquillo con i coltelli, anche se, pare, non siano più tanto di moda. Sulla punta, la mia fedele “ombra” mi lascia arrivare per primo (qualcosa ha imparato!). Un breve controllo del mio computer da polso mi dice che abbiamo fatto 1160 metri in 3h28′ alla media di 5 m/min (300 m/h) di dislivello. Potenza della tecnologia! Questa gara con te stesso ti fa sentire ancora un po’ giovane, anche se con gli altri è meglio non confrontarsi. Finalmente posso usare la radio per dare a Franco la notizia che la missione è compiuta: con costernazione questo oggetto (di cui non ho avuto mai molta considerazione) mi risponde con un fischio acutissimo: è scarico. Secondo me è Franco che ha voluto farmi uno scherzo per farmi portare un peso in più: a buon rendere! In quanti siamo arrivati in punta? Non so e non me me ne frega niente, perché si è alzato un vento gelido e non vedo l’ora di scendere, se non altro perché più un basso deve fare un po’ più caldo. E poi dicono tutti che la neve sarà da favola. Sarà, ma intanto è anche un po’ “bastarda”, perché ne è venuta una quantità appena sufficiente per coprire la punta delle rocce, e ogni tanto dalle solette degli sci provengono dei rumori che non fanno ben sperare per la loro integrità. Poi ci sono delle lastrine di ghiaccio sotto una invitante coltre di polvere che ti rovinano l’euforia della discesa. Infatti vedo che i più spavaldi ridimensionano un po’ la loro intraprendenza dopo alcuni voli spettacolari. Io, poi, mi pianto di brutto, con un bel tuffo carpiato nella neve: per fortuna la mia testa non ha incontrato nessuna pietra che mi avrebbe fatto fare la fine di Schumacher. Penso che per la prossima gita farò un investimento: il tanto vituperato casco. Anzi, fin d’ora propongo di renderlo obbligatorio nelle ”sociali”, tanto per dire anche la nostra, nella foresta di norme che regolano ormai queste attività. Torniamo alla gita: una volta che ne sono state prese le misure, tutti, compreso persino il sottoscritto, si divertono sulla neve dei pendii che precedono il bosco, dove, sempre grazie a Maurizio, sappiamo che ci accoglierà una comoda stradina che ci farà evitare le insidie che tutti i boschi con poca neve nascondono, e che, nonostante tutto, mi pare che qualcuno non veda l’ora di raggiungere. Come si suol dire “stanchi ma contenti” arriviamo così alle macchine vogliosi di aggredire panettone e bottiglie che Rosalba è impaziente di distribuire. Voto per la gita: dal 7 all’ 8. E poi non dite che non sono mai contento, perché un voto così io, al Liceo, me lo sono sempre sognato…

Alberto Marchionni

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© Foto di Franco Savorè e Luca Tonini

 

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