ARCHIVIO GITE 2015: Quasi un Ghicet di Sea

2 maggio 2015: Oggi c’è tutta la “crema” della GEAT, qui, al pian della Mussa, per il Ghicet di Sea, più volte programmato ma sempre annullato. Un eufemismo per dire “pochi, ma buoni”. Ma, proprio per questo, è stata la giornata delle giuste decisioni. Intanto si era rivelata giusta quella di annullare il famoso ponte al Rifugio Gastaldi. Il tempo si è confermato negativo sia il venerdì che la domenica come da previsioni e poi Franco e Giuliano, in una ispezione durante la settimana, avevano detto peste e corna dei due famosi canali, quello di Arnas e quello delle Capre, che avremmo dovuto rispettivamente salire e scendere. Confermo: erano pieni di slavine vecchie e nuove. Non rimaneva che il sabato, previsto radioso da www IlMeteo.it, per colmare il “buco” del Ghicet di Sea, che comunque sempre in Val di Lanzo era. Per di più con la strada per la Mussa aperta proprio il giorno prima e commentato con un congruo numero di stelle nell’altrettanto famoso www Gulliver.it. Con gli sci sul sacco, anzi in “portage”, come puntualizza Andrea, risaliamo per un quarto d’ora lo scabroso sentiero che porta al Pian Ciamarella, sotto lo guardo assonnato dei pochi stambecchi già svegli: già, perché qui si svegliano tutti tardi, come il custode del Cirié, dove avremmo volentieri preso un caffè. Ci accompagna un vento furioso causato, come ci spiega Giorgio Inaudi, che per fortuna mia ha deciso all’ultimo momento di aggregarsi, da una “Gunfia”, un fastidioso fenomeno meteorologico tipico solo delle Valli di Lanzo. In compenso non fa freddo, la neve non ha gelato quando calziamo gli sci nel canale che precede il Piano e questo non ci fa presagire nulla di buono. Quando arriviamo lì, sotto una crosticina di ghiaccio, causata dal vento, la neve caduta abbondante in questi giorni e proprio solo in Val di Lanzo, è profonda e inconsistente, il che ci fa nutrire seri dubbi sul piacere della discesa. Per di più, dopo che abbiamo percorso tutto il Piano sotto l’omonima Ciamarella, che ha deciso, ogni tanto, di scrollarsi di dosso un po’ neve, e cominghicetmo il canale che restringendosi ci porterà alla nostra meta, sono sempre più numerose le valanghe “a pera” che ne lambiscono i fianchi. Il ripido pendio finale è proprio solcato da due di queste e per raggiungere il colle bisognerebbe fare una serie di “gouce” tra una e l’altra. Di nuovo mi rimetto al giudizio di Giorgio che mi sono portato dietro per tali evenienze: “Le slavine a blocchi che si formano in questi casi, non ti danno scampo” sentenzia. E’ un giudizio inappellabile e lo comunico a Bortott e mio figlio che, cento metri più su, avevano già attaccato il pendio.

Con piacere vedo che ci ascoltano: non avrei nessun piacere a fare un altro figlio e a cercare un altro compagno di crociere in barca. Intanto il vento si è calmato, la famigerata “Gunfia” si è dissolta e mentre stiamo qui al sole ad ammirare un panorama quasi invernale, nell’attesa che la neve “si trasformi”, due sconosciuti e impavidi sghicetlpinisti ci raggiungono e decidono di affrontare il rischio salendo al colle. Per fortuna il pendio non si muove al loro passaggio (noi comunque, lì sotto, avevamo già adocchiato varie vie di fuga) ma per loro la discesa con quella neve sarà un incubo, confessano al ritorno, anche se noi l’avevamo già capito sghignazzando ad ogni loro caduta. Così come capiamo che anche per noi la sospirata discesa non sarà proprio un divertimento: forse se ci fermassimo qui una settimana, la neve si trasformerebbe, ma per ora, almeno all’inizio, è un “si salvi chi può”. Rimane il problema del Colle Battaglia, che, ripellandoci in un traverso in mezzo alle slavine scese dalla Ciamarella, avremmo dovuto raggiungere per arrivare, sci ai piedi, sino alla Mussa. Anche in questo caso ci salva la saggezza di Giorgio Inaudi. È sciocco correre dei rischi per una neve che sarebbe comunque uno schifo. Rischio che si realizza puntualmente pochi minuti dopo avere preso la saggia decisione, con due gigantesche slavine che, partendo direttamente dalla punta della Ciamarella arrivano fragorosamente a lambire il piano omonimo dopo avere attraversato proprio il tracghicetto che dovevamo fare noi. Siamo contenti come delle pasque. Col che si dimostra che non c’è bisogno di trovare una bella neve in montagna per divertirsi: basta avere la conferma di avere preso le decisioni giuste al momento giusto. Salvo, forse quella di avere optato per il famigerato “Ghicet di Sea”: ma con questo non è detta l’ultima parola…
P.S. Un grazie di cuore a Giorgio, il direttore “occulto” di questa gita.

Alberto Marchionni

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© Foto di Maurizio Marchionni e Andrea Piana

 

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