ARCHIVIO GITE 2016: Portofino-Camogli per la via delle Barricate

26 dicembre 2016

Come da tradizione ormai consolidata in ambito GEAT, Santo Stefano è dedicato a questa bella traversata in riva al mare, nel promontorio Parco di Portofino.
In riva al mare si fa per dire, in quanto l’alta scogliera non consente affatto di veleggiare a livello zero, anzi, si sale e si scende quanto basta per superare la particolare morfologia della costa, che in questo tratto si presenta aspra e dirupata. Le numerose insenature, la principale delle quali è costituita dallo stretto golfo di S.Fruttuoso, la rendono molto attraente dal punto di vista escursionistico e paesaggistico, e sempre numerosi sono i camminatori che si incontrano in tutti i periodi dell’anno.
I due principali itinerari percorsi vengono chiamati da noi Via dei Tubi e Via delle Barricate o delle catene. Questa seconda sarà la via da noi seguita.
Dopo essere finalmente approdati, via bus da S.Margherita, in quel di Portofino alla bella ora delle 9,40, dopo il rituale caffè, prendiamo quota scalando i numerosi gradini della mulattiera, sostando infine nella parte più alta per godere il sempre suggestivo colpo d’occhio che si getta da quassù: sul porticciolo e sul promontorio, con tanto di castello, prima che questo versante scompaia dalla nostra vista.
Il cielo è piuttosto imbronciato e non pare intenzionato a cambiare atteggiamento, almeno in breve. Attirano la nostra attenzione delle intense pozze di luce che a macchia di leopardo punteggiano la scura e calma superficie del mare: appaiono come provenienti dal fondale marino anziché da qualche apertura della coltre di nubi che ci sovrasta. Il sentiero è ben segnalato, ma è sempre opportuno non distrarsi, lasciandosi tentare da tracce fuorvianti. La costa non è sempre alla vista, ma l’ambiente è tutt’altro che monotono, non fosse altro per la presenza di numerose piante di corbezzoli che ormai maturi incontriamo sul nostro cammino. Il gustoso frutto, color rubino intenso, si scioglie in bocca come uno zuccherino e costituisce per noi un dolce antipasto.
Al termine del primo tratto, ancora alti sul mare, approdiamo al colle che precede l’insenatura di S.Fruttuoso. Tra uno scorcio e l’altro, l’abbazia compare e scompare, per infine mostrarsi in tutta la sua magica visione al fondo del golfo omonimo. Affidata al FAI già da molti anni, è tutt’ora in fase di restauro, per cui la facciata che da sul mare non risulta visibile. Secondo la tradizione, nell’Abbazia riposano le spoglie di S.Fruttuoso, vescovo di Tarragona, qui traslate in seguito alla conquista araba della penisola iberica. Questo complesso è altresì legato alla storia della potente famiglia dei Doria, di cui custodisce le salme di alcuni dei suoi componenti.
Il tempo incalza, per cui riprendiamo ben presto il cammino risalendo i ripidi tornanti che conducono alla Base Zero, dove consumiamo la colazione ricordando la mitica figura di Fidel Castro, che nulla ci azzecca con il nostro percorso.
Il terreno che troviamo d’ora in poi non è dei più agevoli, non per niente in molti tratti l’escursionista è assistito da catene che ne assicurano la marcia. A dire il vero qualche intervento ulteriore non sarebbe di troppo per quanto concerne la sicurezza. Superata la Cala dell’Oro, di cui godiamo le ripide alte scogliere di conglomerato battute dalle onde, giungiamo alle Barricate, ormai in vista di Punta Chiappa che scorgiamo in basso sulla nostra sinistra.
Il cielo che aveva manifestato nel primo pomeriggio una vaga idea di miglioramento, si è nuovamente chiuso, aprendo solo una finestra al sole in occasione del tramonto, e costringendoci ad uno stop per ammirare, una volta di più, il lungo, mobile riflesso dorato che partendo dalla costa raggiunge a ponente la rossa palla di fuoco che sta per immergersi nel mare. Tutto il paesaggio circostante è investito da questa luce rossastra, dai muri delle case, alla corteccia dei pini, agli alberi da frutta: una emozione breve ma intensa.
Il sagrato di S.Rocco è già illuminato quando vi giungiamo, mentre punteggiano numerose le luci di Camogli riflesse dal mare prospicente. E’ inutile affrettarsi: il treno delle 17,46 lo abbiamo già perso, per cui non ci resta che attendere quello delle 19,46, giungendo a Torino alle 22,21 anziché alle 20,21. Ovviamente una ragione c’é.

Renzo Panciera
Foto di Antonio Carretta

 

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