ARCHIVIO GITE 2017: Piano di Traversagn
29 gennaio 2017: Oggi è il nostro presidente a condurre lo sparuto gruppo di volenterosi che alle 6,30 lascia la palazzina di Mirafiori. Una fitta nebbia ci è fedele compagna ben oltre l’abitato di Saluzzo, mentre gli ultimi chilometri li percorriamo su strada dal fondo piuttosto infido, rendendo le gomme da neve più che necessarie indispensabili.
Verso le 9 siamo davanti al rifugio Melezè (1806 m) e dopo un buon caffè siamo ai blocchi di partenza alle 9,35. Dal rifugio in poi la strada è transennata, per cui partiamo già con le ciaspole ai piedi, raggiungendo in breve la vicina borgata di S.Anna. Una eloquente scritta, che figura sulla meridiana posta sulla facciata principale della omonima chiesa, ci ricorda che TRA TUTTE LE COSE STA BENE LA MEDIOCRITÀ E TRA I VIVENTI LA PACE, LA VIRTÙ E LA MORALITÀ.
Ci investe da ovest una luce abbagliante proveniente dalla poderosa barriera nevosa che separa l’Italia dalla Francia: da nord verso sud si allineano, tutte sui tremila metri, la Testa di Malacosta, la Punta del Vallone del lupo, il Pelvo di Ciabrera e la Testa dell’ Autaret. Il Maniglia non lo vediamo perché fuori dalla nostra visuale.
Poco oltre l’edificio della centralina elettrica, di un mimetismo pressoché totale, non fosse altro per il sordo brusio che percepiamo passandole accanto, attraversato a sinistra il ponte sul torrente Varaita, infiliamo la evidente strada poderale che verso sud conduce nel vallone di Traversagn.
Superati i primi tornanti sbuchiamo su un corto falsopiano, subito seguiti da un seconda serie a ridosso delle scoscese pendici del monte Pence. Dopo un traverso ascendente giungiamo, a quota 2100 m, al margine nord dell’ampio, lungo vallone, sotto un cielo dall’azzurro intenso e già avvolti da una luce che più bianca non si potrebbe. Numerose baite semisommerse dalla neve punteggiano il paesaggio, guardate a vista dalla Costa Sturana sulla sinistra e da una articolata serie di punte sulla destra, tra cui il Faraut. Chiude l’orizzonte meridinale Rocca la Marchisa (3072 m), accompagnata da altre punte minori. Il colle di Vers (2862 m), sulla destra della Marchisa, consente di comunicare con la val Maira.
Giunti quasi in fondo, raggiungiamo quota 2454 m presso le baite Sagneres, nostra odierna meta, e dove consumiamo il pranzo comodamente seduti su una stanga. Punto di osservazione privilegiato, con le spalle ad est, lo sguardo può spaziare per oltre 180°, avendo come estremi la Rocca a sud e la Testa di Malacosta a nord. Sul versante che ci sta di fronte abbiamo modo di apprezzare le evoluzioni di tre sciatori provenienti dal Colletto del Chiausis (2690 m), posto tra il Faraut ed il Pelvo Chiausis (2732 m), sorta di voce fuori coro a ridosso della retrostante catena di monti di cui fa comunque parte. Anche se solo parzialmente siamo in grado di di intravedere il Colletto Balma (2787 m), posto sulla costiera in posizione arretrata e da cui si dipartono altre tracce: è evidente che i tre hanno effettuato la traversata da ovest. Ormai scivolano veloci sul fondo del vallone e ben presto scompariranno dalla nostra vista. Bimba, la nostra mascotte a quattro zampe, si esibisce, a richiesta e con successo, nel verso del lupo di cui pare abbia avuto esperienza.
Giunti alle grange verso le 12,15 ripartiamo alle 13, ripercorrendo la pista di salita e soffermandoci più volte a ritrarre queste vette, il cui aspetto richiama, nel colore della roccia, quello dolomitico. In fase di rientro, non possiamo non soffermarci ad osservare ancora una volta la singolarità della Rocca Senghi, bel diedro dorato davanti a noi, appena al di là del Varaita, mentre sulla nostra destra, da una prospettiva inedita, fa capolino sua maestà il Monviso.
Qualche nube in quota ha smorzato un po’ la luce pomeridiana, ma verso la pianura, in un glissando ascendente, l’occhio passa dal celestino all’azzurro, dal blu al viola profondo. La chiamano musica celestiale.
Renzo Panciera
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