ARCHIVIO GITE 2017: Punta Galisia 3346 m

1-2 luglio 2017

Il gruppo GEAT, in veste internazionale, giunge in più ondate sabato sera al rifugio Benevolo, dove due medici australiani, che stavano facendo una tappa del loro giro sul continente europeo, scambiano volentieri impressioni e informazioni sui percorsi della valle. Una parte del gruppo era già andata in avanscoperta il giorno stesso e cercava faticosamente di riposarsi, nella zona del rifugio a noi assegnata, quella adibita anche a bivacco invernale, nonostante i nuovi arrivati stessero cercando di prendere posto, non troppo silenziosamente. Si attende l’ora di cena in dolce ozio e poi a nanna. Il giorno dopo si parte alla ricerca del ghiacciaio, che dimostra essersi ritirato notevolmente rispetto ai ricordi dei veterani della via; il tempo non è proprio propizio. Incontrato il ghiacciaio, lo si attacca con scarponi per poi, al primo terrazzo utile, indossare anche i ramponi, disponendo per sicurezza le cordate. Si procede in diagonale, da NE a SO, rimanendo a destra dei Denti che dividono il ghiacciaio di Fond da quello di Lavassey. Un timido sole ci accompagna: ci saluterà di tanto in tanto, ma senza mai offuscarsi troppo. Si nasconde in maniera più decisa quando siamo a 50 m dalla cresta, punto culminante di incrocio tra le valli Orco, d’Isere e Vanoise, tra Italia e Francia. Giungiamo in punta immersi nella nebbia. Stalattiti orizzontali ghiacciate avvolgono l’ometto di vetta. Il vento e le nuvole ci costringono a restare per il solo tempo di srotolare la bandiera e fare qualche foto. La discesa è quindi intrapresa velocemente, ma ben presto si riesce a fare una pausa appena scesi sotto le nuvole che liberano squarci del panorama negato qualche minuto prima. Si rimane legati e il resto della discesa sul ghiacciaio è piacevole e veloce, godendo dello spettacolo dei monti di Rhêmes. Ancora una tappa al rifugio, per recuperare l’attrezzatura lasciata, e cercando di rinfrescarsi con una birra, ricavandosi un posto tra i tavoli assaliti dagli escursionisti domenicali, e poi di ritorno a valle.

Alberto Bortott
Foto di Antonio Carretta

 

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