ARCHIVIO GITE 2021: Finalmente Egadi

2-9 ottobre 2021

NUNC DEMUM REDIT ANIMUS (“Finalmente si torna a respirare)” così scriveva nell’anno ottantuno dopo Cristo lo storico romano Tacito, tirando il fiato dopo che era stato tolto di mezzo il cattivissimo imperatore Domiziano.
Anche noi torniamo a respirare dopo un lungo periodo di segregazione (sulla reale necessità del quale bisognerà aspettare ancora un po’ di tempo per dare l’ardua sentenza…), comunque sia torniamo finalmente anche noi nel nostro piccolo a respirare… e a fare trekking.
E’ stato un trek bellissimo, senza problemi…. tutto in discesa almeno metaforicamente (in realtà come sempre si passa più tempo a salire che a scendere…).
La nostra avventura inizia al porto di Trapani con una bella sorpresa: la nostra accompagnatrice è una ragazza che si rivelerà tanto brava quanto bella. Per carità, niente da dire sugli accompagnatori di Naturaliter … naturalmente, ma Flavia sarà una presenza rassicurante, che ci accompagnerà con grande professionalità e simpatia in un bellissimo viaggio.
Arriviamo a Marettimo, l’isola più lontana, un’isola piccolissima, dove non ci sono alberghi e si alloggia nelle case private. La sera facciamo la prima cena nell’unico ristorante dell’isola, una cena ottima durante la quale facciamo per la prima volta conoscenza con un altro gruppo di escursionisti che torneremo ad incontrare nei giorni successivi, gente della bassa padana, brava gente ma silenziosa ed anzi taciturna, usa a consumare i pasti in silenzio o al massimo salmodiando sommessamente una loro litania in onore di un loro non ben precisato “San Brindisino”.
L’indomani il tempo non è clemente (sarà così per tutto il trek) ed è giocoforza cambiarie programma.
Si sale senz’altro, senza campi intermedi, alla più alta vetta dell’isola, il Pizzo Falcone, e durante la salita si ha modo di visitare l’antico insediamento di Case Romane, dove c’è l’unica sorgente dell’isola ed anche una suggestiva chiesetta costruita in un lontano passato dai monaci ortodossi.
C’è il tempo anche per un bagno nella tiepida acqua di una piccola insenatura dietro Punta Troia. Ci raggiunge il battello che deve ricondurci al porto e il marinaio si rivela anche un provetto cuoco, che ci ammannisce una bella pasta cucinata e consumata a bordo, come si addice a vecchi marinai quali siamo.
Dopo Flavia incontriamo un’altra bella ragazza: a reggere saldamente il timone c’è la figlia del marinaio. Corre voce che si sta alzando il vento e il rientro al porto potrebbe essere “burrascoso”…. i nostri eroi si dividono in due gruppi: i più pavidi affrontano una lunga marcia per via di terra, mentre i più ardimentosi affrontano la rotta di mare che ci vede doppiare Punta Troia che sembra addirittura Capo Horn.
Siamo ormai al terzo giorno e il tempo è decisamente brutto…se non è vero che “la nebbia gli irti colli piovigginando sale” è pur vero che “sotto il maestrale urla e biancheggia il mar” (anche se ci diranno poi che non è maestrale ma scirocco, decisamente più tiepido ma altrettanto pericoloso perché il mare agitato non permette la navigazione dei battelli). Siamo isolati! Per fortuna ci sono posti peggiori dove trascorrere l’isolamento…. saliamo a Punta Semaforo. Tranquilli! nessun problema di traffico (a Marettimo non ci sono auto)… la vetta prende il nome da una antica base di segnalazione ottica.
Ma la gente è affamata e chiede a gran voce dove si mangia. Ancora una volta è il nostro marinaio (e la sua figlia/sirena) che imbandisce per noi una merenda a base di carne alla brace.
Altra cena (è la terza…) sempre allietata dalla silente presenza dei nostri amici basso-padani e quindi spunta l’alba – tragica – della nostra partenza da Marettimo, partenza fino all’ultimo resa precaria dalle condizioni del mare, sempre piuttosto irrequieto… qualcuno lo definisce agitato, ma provoca il sorriso di quelli di noi che hanno navigato davvero.
Durante la traversata a Favignana alcuni fanno uso di una sostanza nota come “travel gum” che si ritiene possa rendere inutile l’intervento del marinaio, che tuttavia ci sorveglia con occhio clinico, pronto a porgerci il suo provvidenziale sacchetto di nylon.
Appena sbarcati, i soliti agitati si precipitano all’assalto della vicina vetta sulla quale sorge il forte di Santa Caterina… segue una cena pantagruelica ma un po’ triste, perché i nostri amici basso-padani alloggiano altrove. Li incontreremo ancora una volta nella piccola isola di Levanzo, dove andremo a visitare la Grotta del Genovese e le sue bellissime pitture ed incisioni preistoriche.
Ma andiamo con ordine… A Favignana visitiamo la Tonnara dei Florio e il museo che conserva i rostri romani e punici recuperati sul fondo del mare. Sono quanto rimane delle navi affondate durante la battaglia che fu combattuta proprio in queste acque nel 241 avanti Cristo. Nei giorni successivi Flavia ci farà una descrizione quasi giornalistica della battaglia, compresa una mappa strategica disegnata sulla sabbia.
La partenza per la terraferma (si fa per dire perché anche la Sicilia è un’isola..) è prevista per domani mattina, ma il vento soffia sempre più forte e ci sono molte probabilità che la navigazione sia sospesa. Prendiamo la drammatica decisione di cercare di partire con il primo traghetto, prima che il mare si alzi ancora di più. La sveglia è fissata per le sei del mattino, senza colazione! … Bei tempi quando andavamo in ufficio con calma alle nove o giù di lì e cominciavamo la giornata con la segretaria che ci portava il caffè e i giornali… ma la vita del pensionato è piena di sacrifici e di rinunce… niente ferie, niente mutua, sono un ricordo i lunghi pomeriggi d’ozio sonnecchiando alla scrivania o al massimo alla macchinetta del caffè…
Trascorriamo insonni l’ultima notte a Favignana, nell’angoscia di non poter lasciare l’isola e restare abbandonati su quello scoglio desolato in mezzo al mare… tutto questo proprio mentre nella nostra lontana madrepatria sta per iniziare la stagione della Bagna Cauda, una prelibatezza del tutto sconosciuta in queste remote contrade, dove persino della Polenta Concia si hanno solo vaghe notizie, ma senza esperienza diretta.
Siamo ancora una volta fortunati e riusciamo a sbarcare a Trapani ma il tempo rimane difficile e rinunciamo a visitare la famosa Riserva del Rom (nota in passato con il nome di “Riserva dello Zingaro”, prima che fosse introdotta la nomenclatura politicamente corretta).
Gli ultimi due giorni del trek sono affidati alla salda gestione di Maria Luisa, che ci conduce alla traversata del Monte Cofano (prima piemontese da nord a sud), percorrendo al ritorno una bellissima scogliera battuta dalla furia del mare. Ma c’è tempo per visitare la rupe di Erice, densa di storia, di architetture e di leggenda, ma per fortuna anche di pasticcerie altrettanto leggendarie.
Dulcis in fundo, il trek si conclude con le Saline di Mozia, con tanto di mulino a vento che neanche in Olanda… e tanto, tanto sale, ammucchiato al sole in montagne di un bianco abbacinante… un vero supplizio di Tantalo per uno come me, cui la geriatra di base ha proibito anche il più piccolo granello di sale.
Che dire… siamo tornati a respirare, abbiamo rivisto i vecchi (pardon, gli anziani) amici e dopo tanto pesce siciliano adesso torniamo alla dieta quotidiana di minestrine e di insalate, se così si può definire la lattuga senza sale! Ma al prossimo trek ci rifaremo alla grande…mai stati in Alta Langa?

Giorgio Inaudi
Foto Marialuisa Cravero e Nica Leotta

 

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