Domenica 20 marzo 2022.

È quasi l’ora di cena e decido per una telefonata a Giulio; l’amico fraterno da ormai sessant’anni. Se il nostro fosse un matrimonio, sarebbe tra i più fortunati. In più di mezzo secolo, non ricordo un minimo screzio tra di noi, anche perché, il suo carattere solare ha sempre saputo sorridere alle mie battute salaci e dirette.
Spero si riesca finalmente a mettere le gambe sotto il tavolo anche con Alberto e Toni. È da circa un mese che cerchiamo di arrivare finalmente al dunque e, considerato che la settimana scorsa, Giulio aveva la sua voce normale e la solita verve scherzosa, spero proprio che ci si possa rivedere. Mentre digito il suo numero, penso ad una possibile variante alla vecchia favola strausata, di quando lui andò ad abitare a Volvera. Con tutti i paesini piemontesi a disposizione perché proprio lì? Ormai la santa di Volvera, conosciuta in tutto il Piemonte, per le sue doti di guaritrice era passata a miglior vita e la sua, era quindi una scelta incomprensibile.
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Povero amico caro, quell’attimo di serenità, non era che una breve tregua alle tue vicissitudine fisiche e, nella notte, il nemico alla porte, ti ha dato l’attacco definitivo. È tua figlia Simona a dirmi che sei fuori conoscenza e stai combattendo la tua ultima battaglia con le poche forze che ti rimangono.

Lunedì 21 marzo 2022

È Rosalba a farmi sapere che non sei più con noi. Te ne sei andato verso le otto e trenta del mattino, l’ora della prima colazione per un pensionato ancora pieno di interessi e desiderio di amicizia. Oggi è il primo giorno di primavera, ed io ritorno in sogno ai prati del Delfinato. È ancora presto, ma io li vedo già tutti fioriti a darci il benvenuto per il nostro ritorno spirituale. La mia mente ritorna al luglio del 1968, quando al Rifugio del Glacier Blanc, ti investii con la mia violenza verbale. Perché ti accontentavi di attendere il nostro ritorno al rifugio? Avevi camminato come e più di noi, per arrivare sin qui e, visto che non presentavi difetti fisici, mi era incomprensibile la tua rinuncia alla meta.
La Barre des Ecrins poi… Bene! Domani, nessuna scusa… ti avrei legato alla mia corda e (NÈN TANTE BALE) saresti arrivato sino in vetta. E così fu, anche se la cresta finale, fu uno scenario da avanspettacolo. Ti eri incaponito a cavalcare la cresta e, seduto con una gamba a nord e l’altra a sud, sugli abissi sottostanti, non volevi più muoverti di lì. I miei amabili richiami a darti una mossa, li condii con insulti aspri e diverse invocazioni blasfeme ai Santi del Paradiso. Sappi che, se a tempo debito, mi presenteranno il conto, la colpa sarà tua e, nel frattempo, vedi se tra le alte conoscenze nuove, riesci a trovare qualcuno che sappia chiudere un occhio sul mio comizio di allora. In fin dei conti, servì a toglierti da quella strana timidezza che ti teneva legato al semplice escursionismo. Ed ora, ti chiedo un favore e, se puoi farmelo, dimenticherò quella tua solenne dormita, in vetta ai Serous di Valle Stretta. Salimmo quell’orrenda ciaplera come prima cordata e, mentre attendevo il resto della comitiva, tu acciambellato come un bambino esausto, eri in preda a incubi feroci e sognavi di non essere più in grado di scendere a valle. Saresti rimasto lassù in eterno, sul tuo materasso di pietre sbrecciate. Ah già… ti avevo chiesto un favore… già sono troppi gli amici “andati avanti” ed ora, che anche tu hai fatto lo stesso passo, ecco che torna ad assillarmi, lo stesso sogno onirico. Forse è un desiderio nascosto nelle profondità dell’anima, una voglia di pace infinita… librarsi nell’aria come un’entità non ben definita, un piccolo refolo d’aria fresca, che si sposta elegante, tra una cima e l’altra delle nostre amate montagne. Non sò quando arriverò anch’io, ma ti dico fin d’ora, che avrò l’umiltà di essere il tuo allievo. Te lo devo, per la pazienza di avermi sopportato per tanti anni. Ma guai a te, se avrai ancora delle indecisioni, nell’insegnarmi il volo celeste. Già mi frulla in capo l’idea di allargare i nostri alti confini, molto al di là di quelli nostrani. Già mi vedo in formazione di volo come un uccello migratore e tu, sorridi benevolo, perché il territorio mi è del tutto nuovo. Ecco che mi affianchi e mi dici calmo:
– Vedi quel montagnone superbo sotto di noi? È il K2 –

È per GIULIO BOERO
23 maggio 1941
21 marzo 2022

 

 

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